0. Ricominciare
Ogni tanto mi sento come un ex pugile, coi riflessi allentati e le gambe poco reattive. Nel 2015 è uscito il mio ultimo disco e da lì in poi è stato fare pace con l’idea che quello fosse davvero il mio ultimo disco. Intanto però continuavo a scrivere canzoni, come un pugile che alla dodicesima ripresa continua a prendere pugni in faccia e resta comunque in piedi in mezzo al ring. Forse perché in fin dei conti ama essere preso a cazzotti. Fiumi di parole, come cantavano i Jalisse, fogli pieni di frasi, idee e disegni. E poi memo vocali. E poi la sala prove, insieme ai miei fidati compagni Mauro e Marco. E poi, ancora, Pro Tools: i primi provini, le prime preproduzioni, i primi arrangiamenti, i primi rough mix. Buttare tutto. Ricominciare. Poi cambiare tonalità, cambiare velocità, cambiare parole. E ancora buttare tutto e ricominciare un’altra volta.
C’è una canzone in questo disco che si chiama “America, Americae”. Anzi, in realtà, questo doveva essere il titolo di tutto il disco. Il primo memo vocale di questa canzone, un orrendo birignao con una melodia appena accennata, che però presenta già uno dei versi più importanti di quel testo e tutto lo sviluppo armonico della canzone, porta la data del 17 agosto 2016. Sono passati otto anni e mezzo. E durante questo lungo lasso di tempo credo di aver messo le mani ad almeno sei differenti versioni del pezzo, tutte ugualmente finite in ogni parte e tutte inevitabilmente cestinate. È una canzone che mi ha ossessionato, tanto che a un certo punto, quando l’idea di questo mio nuovo disco cominciava a farsi più minacciosa, avevo deciso di lasciarla fuori. Era troppo classica, troppo suonata, troppo simile a cose che avevo già fatto. Per poter permettere al mio cervello di accettare la realizzazione di un nuovo disco l’unica strada era resettare tutto, ricominciare davvero da zero e con un approccio totalmente diverso. Sarei partito dai beat elettronici, avrei scritto tutto al pianoforte, avrei - con grande dispiacere - rinunciato al contributo dei miei due storici musicisti per suonare ogni singola nota del disco.
Così ho fatto e ci ho messo circa tre anni.
Quello che state leggendo è il racconto a puntate di questo disco, che si intitola “La vita nel frattempo”. In sottofondo ci saranno le versioni strumentali delle canzoni e di volta in volta, settimana dopo settimana, cercherò di raccontare tutto quello che mi ha portato qui, ricordi, aneddoti, pensieri.
Ah, dimenticavo… alla fine “America, Americae” ha vinto per ko tecnico all’ultima ripresa ed è finita dentro il disco.